Considerazioni sulle prove di lavoro
di Ferdinando Bassi
– articolo pubblicato nel giornalino di gennaio 2002 –
La Commissione Lavoro del C.I.L. in questi anni si è impegnata notevolmente per lo sviluppo delle prove di lavoro, siamo partiti su un terreno sostanzialmente inesplorato, con approcci a volte molto diversi e siamo riusciti ad andare avanti ed a trovare una sintesi comune attraverso un continuo confronto che ci ha portato a risultati sicuramente incoraggianti. E’ sicuramente utile allargare il dibattito su questi temi anche fuori dalla Commissione per avere nuovi contributi, per questo propongo queste considerazioni come stimolo per altri interventi.
Le nostre prove di lavoro si pongono un obbiettivo preciso ed ambizioso, come dice l’articolo 1 del regolamento: “Queste prove hanno lo scopo di valutare i cani per quanto riguarda le loro attitudini per la cerca del tartufo evidenziando, ai fini della selezione della razza, i cani che si saranno distinti per le loro doti naturali di cerca, concentrazione, resistenza e per la capacità di recepire e trattenere l’addestramento”.
Si tratta quindi di test attitudinali per i cani, non di gare di cerca del tartufo e per questo sono rivolti prevalentemente a chi si interessa della selezione del Lagotto. Gli aspetti competitivi che naturalmente sono presenti, non devono far perdere di vista che l’obbiettivo comune a tutti i concorrenti è quello di salvaguardare e migliorare le caratteristiche di lavoro della razza. Per questo motivo la competizione non è indirizzata semplicemente alla vittoria nelle varie prove, quanto piuttosto al miglioramento dei propri cani.
Il modello di test attitudinali che abbiamo scelto, ispirato a quello utilizzato per le razze da caccia, presenta sicuramente dei limiti e non permette una valutazione completa dei cani, infatti in un turno di 10 minuti penso che sia impossibile per chiunque capire quale sia il miglior cane da tartufi tra quelli presentati, per questo sarebbero necessarie prove prolungate per ore e ripetute per diversi giorni, irrealizzabili su larga scala. D’altra parte non è questo lo scopo che ci prefiggiamo: non è prioritario sapere quale sia il cane che se portato a tartufi “fora” di più, questo aspetto dipende solo in parte dalle qualità naturali ed è condizionato notevolmente dall’esperienza e dal livello di addestramento del soggetto. Le prove servono per far emergere quei soggetti, magari anche giovani e poco addestrati, che mostrano di avere le caratteristiche che si vogliono fissare e potenziare con la selezione genetica.
Queste considerazioni portano ad un interrogativo obbligato, oggetto di interminabili (e non terminate) discussioni: vogliamo selezionare cani “da lavoro” o cani “da prove”?
Penso che, come ci siamo sempre impegnati per evitare la divisione tra “bellezza” e “lavoro”, dobbiamo evitare anche questa nuova divisione, quindi il nostro impegno va indirizzato nella selezione di cani da tartufo “veri” e completi. Se però come strumento di valutazione dei cani scegliamo di utilizzare le prove attitudinali come sono state fin qui concepite, in questo contesto devono emergere i cani “da prove” quelli cioè che mostrano al meglio le caratteristiche previste dallo Standard di Lavoro.
Naturalmente nessuna scelta può essere considerata definitiva ed immutabile, si tratta di verificare continuamente se i caratteri evidenziati nelle prove sono effettivamente quelli migliori che vogliamo selezionare nella nostra razza e, nel caso sia necessario aggiornare Standard e Regolamento di lavoro.
Ognuno può scegliere di andare a tartufi con un cane con le caratteristiche che preferisce ed addestrato in base alle proprie esigenze specifiche, quando però si partecipa ad un prova di lavoro al cane viene richiesto di lavorare come previsto dallo standard ed il compito del giudice è quello di verificare questa corrispondenza.
Nelle nostre prove ai cani vengono richieste caratteristiche non necessariamente indispensabili nel lavoro quotidiano: un carattere socievole ed una scarsa sensibilità a stimoli esterni come persone e rumori, la capacità di concentrazione immediata vista la breve durata del turno, l’adattabilità a tutti i terreni, anche sconosciuti, ed a tutti i tipi di tartufo. Queste caratteristiche sono comunque positive per la selezione e certamente non è sbagliato incentivarle, ma possono esserci ottimi cani da tartufo che non corrispondono a questi requisiti, ad esempio perchè sono abituati a lavorare in solitudine, necessitano di un po’ di tempo prima di trovare la concentrazione ottimale, oppure sono abituati solo ad un certo terreno e fanno fatica a cambiare. Questi soggetti difficilmente saranno adatti per le prove di lavoro.
Per evitare che le prove diventino un giochetto fine a se stesso, a mio avviso, è importante utilizzare terreni veri e selettivi ed è fondamentale incentrare il giudizio sulle qualità naturali dei cani, senza incentivare un addestramento esasperato su particolari poco significativi. Un campione da tartufo è il frutto prima di tutto di qualità innate, l’addestramento interviene solo per favorire al massimo l’espressione delle doti naturali del soggetto, la stessa cosa deve valere anche per le prove di lavoro: un campione si costruisce prima con la selezione genetica e solo dopo ed in misura minore con l’addestramento. Per questo motivo ritengo importante che le prove non richiedano schemi comportamentali rigidi ed artefatti e possano essere affrontate da qualsiasi soggetto da lavoro senza bisogno di un addestramento specifico.
Per me l’importante è vedere se il cane si adatta al terreno e lo affronta con avidità ed autonomia, con una cerca brillante ed al tempo stesso attenta e diligente come richiede lo standard, il collegamento deve essere naturale e non deve penalizzare l’indipendenza dell’azione. In presenza di questi requisiti ritengo che si possa tranquillamente sorvolare ad esempio su un comportamento non perfetto sulla forata, specie in soggetti giovani, se questo è dovuto al troppo entusiasmo. Meglio un cane che va a tartufi con grande passione per il proprio piacere (anche a rischio che ne mangi qualcuno) piuttosto di uno che esegue senza sbavature e senza slancio un compitino imparato a memoria.
Anche sulla velocità vi sono grandi discussioni e divisioni, il mio cane ideale deve essere veloce e lento al tempo stesso. O meglio deve avere una cerca ampia, condotta ad andatura sufficentemente brillante che gli consenta una buona copertura del terreno, unita alla capacità di restringere e rallentare l’azione su determinate aree di emanazione con un’analisi estremamente accurata per individuare anche le “forate” più difficili. E’ proprio dall’unione di queste caratteristiche in apparente contraddizione che nasce un cane da tartufi completo, in grado di rendere al meglio in tutte le condizioni. In un turno di soli 10 minuti ritengo meno grave un eccesso rispetto ad una mancanza di iniziativa, purchè l’azione sia sempre finalizzata al tartufo.